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Anch’io come Erode

Buongiorno amici e buona giornata nella gioia del Signore Gesù Cristo che sta in mezzo a noi. Oggi festa dei Santi Innocenti, martiri. Oggi chiamati a valorizzare e difendere i piccoli. «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo» Altro sangue sul Natale, quello dei bambini uccisi dalla follia di Erode che la Chiesa, con coraggio, venera come martiri. Ancora non sapevano parlare e già, in qualche modo, proclamavano la fede. I bambini dai due anni in giù. È la folle risoluzione che prende Erode dopo avere capito che i famosi visitatori d’Oriente hanno preso un’altra strada pur di non ragguagliarlo rispetto al fantomatico re d’Israele. Nel passato, per accentuare la misura dello strazio (come se ce ne fosse bisogno!) i Padri della Chiesa avevano alzato la posta: i martiri di Betlemme, forse qualche decina, erano diventati prima migliaia, poi centinaia di migliaia. La Storia non arriva a queste esagerazioni ma lo strazio permane. La liturgia ci strappa dalla nostra visione infantile e idilliaca del Natale per riportarlo alla sua natura profonda. È una battaglia fra luce e tenebre, fra chi accoglie e chi respinge. È la luce che viene e le tenebre che non accolgono. Ma non accogliere Cristo significa anche non accogliere la giustizia e la pace e dare libero sfogo alla parte peggiore di noi, quella che abita nel profondo di ciascuno. Oggi ricordiamo i troppi innocenti che ancora oggi, dopo duemila anni dalla nascita di Cristo, subiscono violenza, vengono uccisi, non vengono fatti nascere. I tanti piccoli martiri vittime di noi adulti e che, pure, hanno un difensore: il Dio diventato bambino. (Mt 2,13-18) Medita: Anch’io come Erode non ammetto rivali. Ho paura di Dio: può soffiarmi il trono su cui mi innalzo. Temo l’innocenza dei piccoli, perché in essa tocco con mani la scintilla divina che sta all’origine della mia esistenza. E mi ricorda che sono creatura. Allora preferisco evitare – o eliminare – tutto ciò che mi pone davanti alla verità di me stesso.
Imparare dai piccoli non è spontaneo, è un atto di fede. “Dite: è faticoso frequentare i bambini. Avete ragione. Poi aggiungete: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli. Ora avete torto. Non è questo che più stanca. E ’ piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi. Per non ferirli.”