Buongiorno amici e buona II domenica di Natale. Oggi chiamati a contemplare Dio che si fa uomo per la nostra salvezza. È andata, siamo sopravvissuti ai cibi ipercalorici, ai regali meno sfavillanti del solito, alla retorica natalista e alla melassa che fa venire il diabete spirituale, agli spettacoli dei ragazzi rigorosamente senza riferimenti alla fede (politicamente corretto, mah…). E spero siano sopravissuti i tantissimi che vivono il Natale come il peggior giorno dell’anno e che anelano all’epifania come ad una liberazione. Prima di incontrare i magi che cercano risposta alle loro domande e alle loro curiosità, però, questa strana seconda domenica del tempo di Natale ci invita a volare in alto. So bene che in queste due settimane siamo invitati a celebrare un sacco di feste e forse questa domenica sarà sacrificata alla stanchezza per smaltire tutto quello che abbiamo ingerito. Ma soffermiamoci solo sull’aspetto della luce. La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta, scrive Giovanni.
Bella storia. In questa nuova traduzione si sottolinea non il rifiuto delle tenebre, ma l’ostinazione e la forza della luce. Dio insiste, Dio non si da per vinto, Dio esagera, alza il tiro, offre una soluzione, si dona ancora e sempre. Bello, bellissimo. Se fossi Dio mi sarei già stufato da un pezzo dell’umanità, credetemi. E invece no, Dio insiste, Dio non cede, Dio vince. Amica che sei nelle tenebre della depressione: le tenebre non vincono. Amico prete travolto dalla fatica dell’apostolato e dalla solitudine: le tenebre non vincono. Fratelli che cercate di portare un minimo di logica evangelica nella vostra azienda passando per fessi: le tenebre non vincono. Discepoli che portate la logica della pace e della dignità umana nelle discariche del mondo dimenticate da tutti: le tenebre non vincono. A chi accoglie la luce Dio dona il potere di diventare figlio di Dio, scrive Giovanni. Io sono figlio di Dio. Non m’importa essere altro. Né premio Nobel, né grande star. Sono già tutto ciò che potrei desiderare.
Natale è la presa di coscienza della mia dignità, del fatto che Dio si racconti e che sia splendido. Viene la Parola. (Gv 1,1-18)