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Il grido che sale dalla polvere

Buongiorno amici. Oggi chiamati a ringraziare il Signore della vita. Gesù maestro abbia pietà di noi! Questo è il grido che si alza dalle polverose strade della Samaria e della Galilea. E’ il grido di aiuto che esce dalle labbra dei poveri, dei miseri, degli esclusi; nel Vangelo di oggi sono dieci lebbrosi, che da lontano, alzano la loro supplica verso il Signore che è venuto per sanare ogni sorta di infermità. La lebbra: una malattia ripugnante, un morbo che mangia lentamente la carne; una condanna alla più disumana solitudine, a vivere per sempre ai margini, lontani da tutto e da tutti. Gesù li guarisce, dona loro una nuova vita, li reintegra nel tessuto sociale. A questo punto un fatto sconvolgente: uno solo dei dieci ringrazia il Signore, lo riconosce come il salvatore, come colui che sana non solo la lebbra che ricopre la carne ma anche quella che indurisce il cuore. E costui è un samaritano. Uno straniero, un infedele, un “extra comunitario” incatenato dal pregiudizio razziale, ma libero interiormente, va oltre il velo che gli ricopriva il corpo e si lascia toccare nel profondo della propria esistenza, del proprio cuore. Questo episodio interpella il nostro essere cristiani: un avvertimento, forse, di non dare per scontata la conoscenza che abbiamo di Dio, noi che nella chiesa ci sentiamo di casa. Ancora una volta i lontani, coloro che sembrano essere senza Dio, fuori dai nostri stereotipi di bravi e buoni “credenti”, ci danno lezione di una fede apparentemente insperata, impalpabile, nascosta ma, in realtà, viva e forte. Chiediamo al Signore di essere guariti dai nostri pregiudizi per sentirci dire: “Va, la tua fede ti ha salvato”. (Lc 17, 11-19)