Buongiorno amici. Oggi chiamati a riconoscere il Signore. Gesù torna a Nazareth dov’era cresciuto. Tutti lo conoscono, non è altri che il figlio di Giuseppe. Compie i gesti che ha sempre compiuto: al sabato va in sinagoga e legge la scrittura. Non c’è niente di nuovo, al di là della fama che lo precede al ritorno nel suo paese. Chissà cosa avrà fatto, lontano dalle sue radici. Ma quel rotolo aperto svela che è lui il Messia, inviato a portare una notizia che riempie di gioia: Dio è vicino, si è fatto uomo. È proprio Gesù, il falegname figlio di Giuseppe, che è venuto a portarci la liberazione, a ridarci la vista con gli occhi del cuore, a liberarci dalle schiavitù interiori delle passioni per fare della nostra vita un’opera d’arte. Com’è possibile? È un paesano come gli altri, si meravigliano i suoi concittadini. Che c’entra col passo del profeta Isaia? Il mistero di Dio entra in contatto con noi nella semplicità, spesso spoglia e ripetitiva, delle nostre giornate. Chiede di incontrarci e di fargli spazio pregando, e amando i nostri fratelli, soprattutto quelli che non sopportiamo, i nostri “nemici”. Troppe volte, forse, non lo riconosciamo, siamo come quei ciechi a cui è venuto a ridare la vista, prigionieri di abitudini e schemi mentali duri a morire, oppressi da fatiche, angosce o dolori che ci annebbiano l’anima. Ma Gesù è venuto proprio per accompagnarci oltre tutto questo, verso “l’anno di grazia del Signore”. (Lc 4,14-22)
