Buongiorno amici. Oggi chiamati a saper vivere in questo regno. Dobbiamo rassegnarci a convivere con il male che continuamente rinasce in noi e attorno a noi. La Chiesa, per non parlare del mondo, è fatta di santi e di peccatori; di santi che peccano e di peccatori che cercano di convertirsi. Non ci è lecito scandalizzarci e dimenticare che così come siamo, siamo cittadini del regno. Il peccato ci rattrista, ma non ci deprime. D’altra parte la prospettiva del giudizio finale, “quando gli angeli separeranno i cattivi dai buoni”, non ci consente di attendere passivi l’ultimo giorno. Non possiamo essere utopici, ma ancor meno indifferenti. Solo lui, il Signore, sa dare a tutti il tesoro della Parola, quella novità che dona senso anche a ciò che è antico. Terminato il racconto delle parabole, invita anche noi ad essere discepoli di quel regno che si manifesta definitivamente in lui. Ci chiede, però, se abbiamo capito: sarà il caso di non rispondere in modo frettoloso, come fanno i discepoli. Non si tratta di comprendere solo con la testa. Il regno dei cieli non è un’evidenza, la fiducia e l’abbandono in Dio sono impedite dall’ansia, la speranza nel futuro è ostacolata sia dalla nostalgia per il passato che dall’impazienza per il futuro. Ci responsabilizza sapere che tutto è davvero solo nelle mani di Dio? Che solo davanti a lui ci giochiamo il futuro? Comprendere davvero è crederlo in quella continua parabola che è la nostra vita. (Mt 13, 47-53)
