Buongiorno amici. Oggi chiamati a riscoprire il vero amore. Come è consuetudine dell’autore del IV Vangelo, la riflessione teologica accompagna e segue l’intervento divino. L’annuncio del regno di Dio e la necessità della conversione, a più riprese, aveva sollevato il tema della testimonianza. Chi era quell’uomo che diceva e operava quelle meraviglie? Chi testimonia per lui? Nel brano di oggi troviamo il Nazareno che chiama in causa tre ordini diversi di testimonianza. Evoca, innanzitutto, un uomo: il Battista. Un uomo ben conosciuto dai giudei, un profeta che aveva attirato l’attenzione di molti tra il popolo di Israele. Ma rimane pur sempre un uomo. Il Salvatore invoca a sua difesa quelle stesse opere che spesso hanno portato beneficio ai suoi ascoltatori e che molti sono stati testimoni diretti. I segni compiuti confermano lo stretto legame con il Padre, una comune volontà di percorrere una storia volta a salvare l’uomo. Una relazione, quella divina, contrassegnata dall’amore che lega le Persone. Sono due prospettive utili per i suoi ascoltatori ma che oggi a noi risultano inadeguate. La terza riflessione, invece, è destinata sia per gli ebrei di quel tempo che per tutti i cristiani. Aver chiamato in causa Mosè significa ricorrere alle scritture come luogo di testimonianza che Gesù e veramente quell’Emmanuele che ha preso corpo nella nostra storia ed è lo stesso che tra poco morirà in croce e poi risorgerà. Le Scritture, dunque, conservano la rivelazione divina che permette sempre di incontrare Gesù. Tre ordini di testimonianze diverse. Ma un unico denominatore: l’amore di Dio per gli uomini. Quello stesso amore che Gesù spesso rimprovera a noi di aver smarrito. (Gv 5, 31-47)
