Buongiorno amici. Oggi chiamati a produrre frutto di verità. L’evangelista Matteo racconta la passione del padrone di un latifondo che ha progettato la costruzione di un vigneto, cingendolo con una siepe a mo’ di abbraccio, scavandovi un tino, e mettendovi a custodia una torre fortificata. Realizzata l’opera, eccolo pronto a metterla in mani altrui. L’evangelista presenta la storia di un amore di tenerezza e del suo tradimento. Affiora da un lato, la nobiltà d’animo di un signore che realizza un progetto pensando pure ad eventuali beneficiari; dall’altro, si fa strada il cinismo di alcuni operai che pianificano in modo malvagio a proprio uso e consumo. Si può cadere facilmente nel loro errore: appropriarsi di quanto una vigna può regalare. La vigna della parabola può essere simbolo dello Stato, della Chiesa, del gruppo, della famiglia, della comunità, del lavoro stesso. Anziché occuparsi del compito loro assegnato, si arrogano diritti non pattuiti, ammantandosi da fruitori del vigneto anziché da semplice manovalanza. Che delusione! Ma il tradimento dell’uomo non è in grado di fermare la bontà del progetto di Dio. La sua vigna rimarrà una delizia per tante creature alle tenace e ricerca del vino della gioia. Nel suo amore smisurato Dio gioca sull’altare dell’uomo il proprio Figlio. Dio affiderà la vigna ad un popolo nuovo capace di produrre frutto, ma userà misericordia anche dall’antico popolo dell’Alleanza, quando prenderà consapevolezza della propria infedeltà. Senza pentimento e disponibilità autentica al cambiamento non ci si apre al perdono. (Mt 21,33-43 45-46)
