Buongiorno amici e buona Solennità delle Palme e della Passione del Signore. Iniziamo questa grande settimana cantando anche noi “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!”. La folla grida accogliendo Gesù a Gerusalemme, tra rami di palme ed ulivi festanti. C’è un clima di festa nelle vie e nelle piazze, e mentre la folla stende i propri mantelli sulla strada di Gerusalemme, alcuni, forse stranieri di passaggio chiedono: “Chi è costui?” e altri rispondono: “Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea”. La scena è vivace e risuona di passi che si affrettano sulle strade polverose, dietro a rumori e voci che si rincorrono, si agitano come se fossero campane che rimbombano, che chiamano, che invitano. Alcune si distinguono, altre si sovrappongono, altre ancora si confondono. E Gesù che fa? Avanza tra la gente e non dice una parola. E’ pienamente consapevole che molto presto quel vociare che osanna si tramuterà in una condanna: “Crocifiggilo, crocifiggilo!”. Gesù entra nella città santa non per essere glorificato dagli uomini ma per glorificare il Padre, non per essere incoronato con un diadema ma con quattro rovi intrecciati. E’ la sorte del giusto che paga per tutti, del Figlio dell’uomo, Signore della storia; infatti Colui al quale il Padre rimetterà ogni giudizio, deve prima essere giudicato dalla cattiveria e dall’invidia umana. Partendo da questa prospettiva comprendiamo anche la confusione, quel velo di smarrimento, che deve aver ottenebrato il cuore degli apostoli e dei discepoli che stavano seguendo Gesù dall’inizio della sua predicazione. Gesù entra in Gerusalemme ma invece di essere riconosciuto come il Messia tanto atteso e tanto desiderato, viene arrestato, giudicato e crocefisso. Da un punto di vista meramente umano la missione di Gesù è fallimentare: l’epilogo è quello di essere trattato come un misero e volgare malfattore, finire come un comune “ladrone”. Ma è sul crinale del fallimento che si manifesta la gloria e la grandezza di Dio. Gesù non entra in Gerusalemme per aggiungere una bella pietra votiva al già sfarzoso tempio di Salomone, non ha nulla da aggiungere alla presunzione e all’autosufficienza degli scribi, degli anziani o dei farisei. Viene nella Città Santa per portare a compimento le promesse antiche, per farci capire come e quanto Dio ami l’uomo, ogni uomo. Non entra in Gerusalemme per onorare il Tempio ma per santificare il Golgota, il luogo dei reietti, il crocevia delle disperazioni umane; il luogo detto “del Cranio” dove le agonie diventano motivo di scherno da parte dei passanti, dove le lacrime delle madri, delle moglie e dei figli si mescolavano all’aceto. Cristo entra in Gerusalemme per santificare la sofferenza umana, ogni tipo di dolore, di ingiustizia, di solitudine e di tradimento. Il Golgota è la nostra casa perché tutti, in fondo all’animo, siamo come quei due disgraziati che vengono crocefissi con Gesù. Il Calvario si snoda misteriosamente nelle nostre stesse vene perché tutti abbiamo bisogno di stare ai piedi del Crocefisso. Gesù entra in Gerusalemme: i potenti tramano, i poveri si incamminano verso la sommità di un colle dove tre croci stanno aspettando dei miseri malfattori, Dio viene giudicato e crocefisso per salvare buoni e cattivi, vittime e carnefici. (Mt 21, 1-11) Buona Domenica nella gioa del Signore Gesù Cristo dm
