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Papà…

Buongiorno amici. Oggi chiamati a riconoscere Dio come Padre. “Il Padre nostro” è la sintesi di tutto il Vangelo (Tertulliano,155-230). Gesù utilizza la parola “papà” trascinando il discepolo nella sua stessa familiarità e confidenza. Gesù non abbassa Dio, ma eleva il fedele orante al piano stesso di Dio. Così, il “totalmente altro” entra il comunione con l’umanità, e diventa “il totalmente prossimo”. Esclusiva di Gesù è il termine aramaico abbà che significa “papà, babbo”. Una delle primissime parole usate dai bambini, il loro iniziale balbettio. Parola che sa di casa, non di sinagoga; di pane, non di tempio. Nel linguaggio comune la parola “pregare” equivale a domandare. Non è così per Gesù. Nella sua preghiera l’uomo presta interesse alla causa di Dio: il nome, il regno, la volontà. Dio, in risposta, prende a cuore la causa dell’uomo: il pane, il perdono, il male. Ognuno vive in funzione dell’altro. Eppure la fraternità non è ancora un dato di fatto, e il pane continua a mancare. Ci si chiede ma Dio esaudisce le preghiere? “Dio esaudisce sempre, ma non le nostre richieste, bensì le sue promesse”. (Dietrich Bonhoeffer). Dio che ha promesso di rimanere accanto ai discepoli fino alla fine dei tempi, mescola le sue lacrime alle lacrime umane. Non si riceve ciò che si chiede, ma ciò che è davvero utile per rimanere sintonizzati con lui. Pregare è come voler bene. Se si ama qualcuno, lo si ama sempre. Pregare sempre si può perché la preghiera è come l’acqua della sorgente che mai si esaurisce. (Mc 6,7-15)