Buongiorno amici. Oggi chiamati a vivere la misericordia. Il passaggio è brusco: dal deserto alla trasfigurazione, dalle tentazioni alla voce rassicurante del Padre. L’esperienza singolare del Tabor è Dio ama esagerare. Il come e il quanto del suo amore non hanno limitazioni, né anagrafe.
Allo stesso modo sono chiamati a comportarsi i suoi figli. Quante volte dovranno scusare il vicino? Oltre ogni misura. In quale grado dovranno donare?
Eccedendo. La medesima quantità che essi utilizzeranno verso il prossimo sarà adoperata verso di loro. Dalla tradizione ebraica Dio è ritenuto un padre misericordioso e tenerissimo. Ciò nonostante, la prima immagine che l’essere umano tende a formarsi di Dio è quella di un giudice esigente, pronto a punire in modo severo e inflessibile i comportamenti malvagi.
Gesù, il Figlio di Dio, riuscirà a rimuovere dal cuore dei discepoli un tale approccio negativo. Egli si sarebbe caricato sulle spalle il pesante fardello dell’umanità peccatrice ed avrebbe pagato in toto ogni debito. Anche per tale ragione, Gesù verrà chiamato “l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.” (Gv 1,29) La sua croce sarà l’unico giudizio di misericordia di Dio sul mondo. Chiunque giudicherà, sbaglierà.
L’errore non sarà nel fatto che il giudizio dell’uomo è ingannevole, ma nel fatto stesso di giudicare perché è usurpare il potere a Dio, e soprattutto perché Dio non giudica, ma giustifica; non condanna ma condona. Il giudizio finale di salvezza o di perdizione su ogni uomo non viene da Dio, ma dall’uomo stesso. Dio lascia ad ognuno il giudizio su se stessi.
Se non si giudicheranno gli altri Dio non giudicherà. Se si perdoneranno gli altri Dio perdonerà. Nella misura in cui si dà al fratello si riceve da Dio.
L’unico metro di misura è la capacità di donare. Dio rinuncia a misurare come rinuncia a giudicare. Si verrà giudicati e misurati da se stessi, in base all’amore donato agli altri. (Lc 6, 36-38)
