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Sono un tralcio, Signore.

Buongiorno amici e buona V Domenica di Pasqua. Oggi chiamati a produrre molto frutto. «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto». L’immagine della vite e dei tralci è molto evidente: solo se siamo innestati nella linfa – che è Cristo – possiamo portare frutto. Gesù ci chiede di rimanere in lui, di credere che egli ci ama e ci è sempre vicino, di ascoltare la sua parola, di entrare in profonda comunione con Dio. Ma è necessario che la vite sia potata perché porti maggiori frutti: e quante “potature” ci riserva la vita umana: delusioni, malattie, insuccessi ecc.! Non dobbiamo considerare tutte queste difficoltà come fallimenti e stroncature, ma come occasioni per crescere, come possibilità per migliorarci. Accettandole serenamente (e mai con rassegnazione), scopriremo che Dio è presente nel nostro cuore con la sua grazia e con la sua forza, e ci dà una opportunità di crescere nell’amore verso di lui e verso il nostro prossimo.  Medita: “Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci.” Sono un tralcio, Signore, sono un piccolo tralcio, ma unito a te che sei la vita, posso portare molto frutto. Insieme a te posso fare cose grandi, perché tu lo hai promesso. Aiutami a non staccarmi dalla radice che sei tu, che mi hai generato e mi doni nutrimento e vitalità. Unito a te, come alla vite, posso assaporare il gusto della vita, sperimentare la sua preziosità e godere la sua ricchezza. Aiutami, però ad accogliere le potature che il divino agricoltore desidera cogliere, attraverso eventi e situazioni. nella mia vita, affinchè il frutto possa essere abbondante e succulenti grappoli d’uva possano arricchire la nostra tavola. Il dolore di ogni potatura avrà, così, un senso e se qualche lacrima di dolore righerà il mio volto, sarà per la tua gloria. (Gv 15,1-8)