Buongiorno amici. Oggi chiamati a fidarsi di Dio. Solo Lui il Signore può tutto. Betzatà, detta “la casa della misericordia”, era un luogo del ritrovo per ammalati. Al suo interno c’era una piscina che un’usanza popolare credeva di acqua miracolosa. Tra quei disgraziati c’era il paralitico del Vangelo. La sua vita trasudava impotenza e rassegnazione. Aveva esaurito preghiere e richieste. Non conosceva Gesù, che gli chiederà: “Vuoi guarire?”. A quella domanda il malato rispose: “Signore non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita”. A lui, privo di amici e di appoggi, Gesù dirà: “Alzati, prendi la barella e torna a casa.” A quanti incontra il Messia di Nazaret ripete la stessa domanda, che non riguarda in realtà la salute fisica. “Vuoi guarire?” è un invito a prendersi sul serio, imparando a discernere le cose decisive da quelle precarie. A quanti lo seguono egli si propone l’unico Signore e Salvatore. “Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse” (Gv 5,13). Succede talvolta che colui che dà senso alla vita rimanga “sconosciuto” anche per i discepoli. Passa il tempo senza che la vita sperimenti la liberazione dell’intelligenza, della responsabilità, dell’amore. Talvolta Gesù rimane un nome importante, ma confuso tra altri. Se è così vince l’immaturità della fede, un vivere a metà del guado che impedisce lo scatto della fede e la gioia conseguente. Senza di Lui, poi non solo non si va da nessuna parte, ma si rimane pure sconosciuti a se stessi, ricattati dall’umore e dalle circostanze. Si è paralitici ogniqualvolta non si vuole vedere il passaggio di Dio. (Gv 5,1-16)
